Marosi di mutezza – Teatri in via d’estinzione, giunge quest’anno alla sua dodicesima edizione. Come sempre la rassegna offrirà uno sguardo sul panorama teatrale indipendente italiano, sui linguaggi del contemporaneo e sulle giovani realtà, che in questo mondo teatrale sempre più difficile intraprendono il loro cammino.
Anche quest’anno la programmazione s’intreccia con un altro importante progetto portato a casa dalla nostra compagnia: la vincita del bando Funder 35 della Fondazione Cariplo, con il progetto Format-azione. Questo ci darà modo di affiancare al programma degli spettacoli anche un laboratorio di progettazione per la cultura e lo spettacolo dal vivo, tenuto da Ludovica De Angelis per Melting Pro che si terrà dal 19 al 21 ottobre a Sassari.

Gli spettacoli si svolgeranno al Teatro ferroviario di Sassari, al Vecchio Mulino, alla Sala concerti Teatro Verdi e a L’ultimo spettacolo.

Programma nel dettaglio

Il costo dell’abbonamento per tutti gli spettacoli (anteprima del 06/10 esclusa) è di euro 40,00 ed è acquistabile presso la libreria Koinè in via Roma 137, a Sassari.
Abbonamento studenti universitari: euro 20,00

L’abbonamento non è nominativo ed è sempre cedibile, quindi non avere dubbi, sostieni ora la rassegna e partecipa!

 

 

Ritorna a Cagliari al Teatro Massimo Nord-NordOvest

il 23 Settembre alle 19:00 e il 24 Settembre alle 21:00

Regia: Marco Sanna

con: Felice Montervino, Marco Sanna,

Marialuisa Usai, Francesca Ventriglia.

Scene e costumi: Sabrina Cuccu

Luci: Valerio Contini

Ambienti sonori: Luca Spanu

Foto di scena: Alec Cani

Produzione Sardegna Teatro

 

“…Se si possono insegnare tecniche della tradizione, al di là del contesto che le contiene e le determina, è perché la tradizione è morta e la possibilità di apprenderle non è che il certificato dell’avvenuta sepoltura.

La tradizione, morta nella quotidianità del contemporaneo ma di cui si conserva memoria, ci obbliga a una elaborazione del lutto conseguente la perdita che è oggi il solo spazio che la tradizione può permettersi. Non è detto che sia male.”

G.L.Ferretti
Nord-NordOvest inizia da qui, da un concetto che ti gira nella testa da qualche tempo, dalla posizione che occupi nel mondo e di conseguenza dentro le cose dell’arte. Inizia dalle parole di chi ha influenzato il tuo modo di essere e di stare nel mondo e quindi nell’arte.

Nasce, questo lavoro, dalla volontà di raccontare uno stato di attesa, quello in cui si aspetta di essere dimenticati. Si parte da un dato di fatto: la morte della tradizione.

La tradizione è morta ma viene continuamente chiamata in causa, in una sorta di accanimento terapeutico, impedendogli di morire davvero. Ogni volta che ci si allontana dal conosciuto, si ha immediatamente bisogno di tornare indietro, raccogliere le forze, consolarsi, per poi di nuovo allontanarsi, e così siamo legati ad un eterno elastico, che regge l’impossibile, che non riesce a spezzarsi.

di Meridiano Zero

Regia: Marco Sanna

di e con: Marco Sanna, Francesca Ventriglia, Maria Luisa Usai, Felice Montervino.

scene Sabrina Cuccu

luci Tommaso Contu

produzione Sardegna teatro

Teatro Massimo – sala m2

 

Nord NordOvest è un titolo provvisorio, un prestesto di ragionamento a partire da un’area geografica  che  su quest’isola ci ha visto nascere, crescere e scappare, tornare e maledire. Non è un lavoro su un territorio, non ne indaga gli usi ne i costumi. Non si relaziona alla tradizione ma la rifiuta tutta intera, in tutte le sue forme e le sue tecniche.

La tradizione morta nella quotidianità del comportamento, ci obbliga ad una elaborazione del lutto, che è il solo spazio che la tradizione può permettersi oggi. Non abbiamo fatto in tempo ad onorarla, per limite anagrafico, non possiamo dunque tradirla fino in fondo, non sarebbe giusto, non possiamo permettercelo. Possiamo solo scavare le ceneri e provare a trarne dei divinamenti dei labili consigli.

Facciamo parte di generazioni che hanno visto solo gli strascichi di effetti senza conoscere a fondo le cause. Non abbiamo conosciuto Barba ne Grotowski ma solo i Barbiani e i Grotowskiani, dunque abbiamo visto la decomposizione senza conoscere il corpo vivo.

Affronteremo la tematica del conflitto generazionale vissuto sia come individui(incontro e scontro con il presente il passato e il futuro della singola personale intima esistenza), sia come artisti nei confronti della tradizione teatrale e di tutti i suoi movimenti, i suoi limiti e le sue gabbie. Sarà una battaglia contro il “vecchio che non muore”.

Ci osserveremo nel nostro eterno conflitto con i tempi dell’esistenza, il nostro essere attori in eterno conflitto con i tempi della scena. Il lavoro avrà un senso verticale e diacronico, partire dal passato per arrivare al presente. Un cammino a ritroso che dall’anzianità, giunge alla giovinezza per approdare, speriamo, a un senso della ricerca al di là del tempo ordinario, non più vincolata dai concetti di passato e presente. Sarà un lavoro di grande rispetto, nonostante tutto, nonostante la rabbia, poichè il mito della modernità a tutti i costi è il più pericoloso, ignorante e arrogante fra tutti i miti.

Date spettacoli:
Venerdì, 1 Aprile, 2016 – 21:00
Sabato, 2 Aprile, 2016 – 19:00
Domenica, 3 Aprile, 2016 – 19:00
Martedì, 5 Aprile, 2016 – 21:00
Mercoledì, 6 Aprile, 2016 – 19:00
Giovedì, 7 Aprile, 2016 – 19:00
Venerdì, 8 Aprile, 2016 – 19:00
Sabato, 9 Aprile, 2016 – 19:00
Domenica, 10 Aprile, 2016 – 17:00

vedi scheda sul sito di Sardegna Teatro

Il 21 e il 22 Ottobre si tiene la X edizione di Marosi di mutezza – Teatri in via d’estinzione.

Due giornate di 4 appuntamenti ciascuna a partire dalle 18:30 presso il Teatro Ferroviario di Sassari, in Corso Vico 14.

Gli aperitivi alle 19:30 saranno a cura del negozio biologico “Fraula” (Fraula Bio) .

 

Ingresso intera serata: 12 euro (con aperitivo compreso)
Ingresso dalle h.21: 10 euro

 

Le serate si articoleranno nel teatro e nello spazio esterno.

 

VI ASPETTIAMO!

 

Vedi il programma.

 

Pagina facebook dell’evento.

THIS IS NOT WATH IT IS

produzione Meridiano Zero

di e con
Marco Sanna
Francesca Ventriglia

Luci e Suoni
Massimo Casada

Ultimo capitolo per B-tragedies trilogia shakespeariana trash, che questa volta si confronta con Otello. La formula, come nei due precedenti capitoli che hanno affrontato Macbeth e Amleto, è quella di far reagire fra loro il linguaggio alto di Shakespeare con forme espressive molto più basse, i dialetti, il karaoke, il voyeurismo tipico di certa stampa scandalistica, le barzellette. Il tutto per inseguire la deriva del concetto di popolare. Cosa è popolare? Come si fa ad essere popolari? Soprattutto, si può essere popolari?
I personaggi sono ridotti a poveri relitti, svuotati di ogni consapevolezza, rifiutando essi stessi di voler sapere o conoscere i motivi per i quali si trovano ad agire su un palcoscenico. La storia è lasciata alle spalle, è data per scontata come è giusto che sia visto che si ripete da cinquecento anni. Si parla dunque verso un pubblico dal quale si pretende che conosca a priori l’argomento di discussione, se non lo conosce tanto peggio per lui, ha avuto secoli per informarsi. Parlare a chi conosce l’argomento, da modo di sottintendere la cronologia dei fatti, di tralasciare le cose meno importanti, di andare al nocciolo o magari divagare, perdersi nella discussione che diventa tramite per la creazione di un nuovo punto di vista.

 

 

Tratto da “la via del pepe” di Massimo Carlotto

Regia: Marco Sanna
con: Antonio Murru
musiche dal vivo: Mauro Palmas
Luci: Roberto Lamonica
ideazione e costruzione burattini: Donatella Pau
progetto e costruzione scene: Donatella Pau e Tonino Murru
Aiuto Sartoria: Simona Cadeddu, Maria Pasqua Carboni

 

Un uomo sulla spiaggia, portato dal mare, di cui non sappiamo nulla. Come una cosa buttata li, un relitto, un rifiuto corroso e smussato dalle onde, di cui si sono persi i contorni netti, qualcosa non più riconoscibile a cui non sappiamo dare un nome, che ha perso la sua funzione originale e adesso sta li davanti ai nostri occhi in attesa di una nuova identità.
Inizia così la nostra storia, come quella dei tanti invisibili che sbarcano sulle coste Italiane e attraversano la penisola da sud a nord per raggiungere il confine. Fantasmi, a cui viene assegnata un’identità solo nel momento in cui li si arresta e li si rinchiude, con l’unica colpa di aver esercitato il proprio diritto alla sopravvivenza, nessuno li cerca, ogni istante della loro esistenza è priva di certezze.

Lo spettacolo narra la storia di uno di loro, cerca di rendergli giustizia, ricostruisce la sua parabola umana, dalla partenza piena di sogni fino al rimpatrio forzato. Nel mezzo c’è stato un naufragio e Amal (questo è il suo nome) è stato il solo a salvarsi, la morte lo ha tenuto a galla e giocato con la sua vita, gli ha mostrato il destino dei tanti come lui che non ce l’hanno fatta, lo ha portato a spasso per il mediterraneo illustrandogli le gesta di quel popolo silenzioso, incapace di nuotare, che sfida il destino e le onde nella speranza di un domani migliore.

La morte è facile alle distrazioni, agli errori madornali, ne abbiamo tutti un esempio in famiglia: un figlio, un cugino una giovane zia, un gattino appena trovato, perdite inspiegabili dovute alla distrazione della signora con la falce. La morte si diverte con la musica, ed è questa a distrarla mentre Amal è in balia del mare. La musica arriva da molto lontano, da quello stesso luogo nell’Africa nera da cui Amal è partito, è suo nonno che canta canzoni alla luna, che intercede con sorella morte chiedendogli di prendere il posto di suo nipote. Andrà così infatti Amal si salverà grazie al sacrificio del nonno, arriverà in Italia, che forse non è neanche la nazione che desiderava come meta, finiranno li i suoi sogni e rimandato a casa, cioè in un punto qualsiasi di madre Africa, tanto è uguale, tanto sono tutti uguali.

Lo spettacolo è costruito su un doppio registro, da una parte la storia di Amal e del suo tragico viaggio, dall’altra una serie di personaggi che vivono una storia parallela, con i tipici equivoci della commedia all’italiana. Questo secondo piano s’interseca solo superficialmente con il primo, allo stesso modo in cui le nostre vite sono appena scalfite dalle orde di disperati che sbarcano sulle nostre coste, di cui ci accorgiamo solo nel momento in cui i loro viaggi si trasformano in stragi. I burattini, che saranno il cardine e la cifra stilistica dell’intero lavoro, sono da sempre espressione popolare per eccellenza, a loro sarà affidato l’onere di far vivere la storia attraverso le voci meno colte della nostra Italia, con quel tocco di irriverenza e sarcasmo tipico della loro tradizione.

 

Il terzo piano del lavoro è quello della coscienza, incarnata direttamente dal burattinaio, che costantemente si sposta da dentro a fuori la rappresentazione, esprimendo tacitamente la sua costante esitazione, la sua inadeguatezza nei confronti di un dramma davanti al quale scopriamo ognuno la nostra inutilità.

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